Active Longevity Institute

La generazione invincibile alle prese con il corona virus

Nuovi Boomers

Photo by Mael BALLAND on Unsplash

I Baby Boomers, la generazione che ha inventato un nuovo modo di invecchiare restando giovani, si trovano a causa del corona virus a dover ridefinire se stessi.

Di Barbara Bradley Hagerty – Pubblicato su Forge il 25/3/2020 – Tradotto per A.L.I.

Una notte di qualche settimana fa, stavo per spegnere la luce quando mi venne in mente di cercare le ultime notizie sul Corona virus sul mio telefono. Questo accadeva nei primi giorni della pandemia – prima del lockdown negli USA e prima del distanziamento sociale. Non ero particolarmente preoccupata, ero solo molto attenta – specialmente perché gli “anziani”, con ciò intendendo gli over 60, sembravano essere le persone più a rischio.

In pratica riguardava me, per quanto difficile da accettare. A 60 anni non ho mai pensato a me stessa come a un’anziana. Non mi sento vecchia. Mi sento da dio, salvo ogni inverno quando mi viene la solita infiammazione respiratoria che mi manda, ogni anno, dal dottore.

Dopo qualche minuto ho spento il telefono e ho chiuso gli occhi. Mi è tornata in mente la difficoltà a respirare durante la polmonite dell’anno scorso e ho pensato a come deve essere non respirare per niente.

A quel punto ho spento la luce. Avevo bisogno di dormire. La mattina dopo mi aspettavano altri “anziani” over 50 per una lunga passeggiata in bicicletta.

I Baby Boomers, nati tra il 1946 e il 1964, hanno costruito l’identità della propria generazione sulla deliberata ignoranza delle limitazioni.

Da ragazzini e da giovani adulti, abbiamo rivoluzionato la cultura americana: abbiamo bivaccato a Woodstock, protestato contro la guerra in Vietnam e per l’uguaglianza razziale, abbiamo sperimentato l’LSD ed esplorato nuove forme di di spiritualità, abbiamo bruciato i nostri reggipetti e criticato l’autorità costituita, abbiamo creato, forse, la musica migliore di sempre. Adesso, a 50, 60 e 70 anni, emergiamo dalla mezza età come la generazione di anziani più in forma e attivi della storia.

E’ una generazione che sta ridefinendo la vecchiaia e il pensionamento” dice Marc Freedman, autore di How to live forever, come vivere per sempre, e fondatore di Encore.org, un sito che è insieme una comunità e una rete professionale per over 50. “E’ una generazione che è cresciuta all’epoca in cui la cultura giovanile era al suo apice, e si sente ancora perfettamente vitale.

In questo momento, questa generazione che stava ridefinendo la vecchiaia, viene a sua volta ridefinita da un virus.

Non siamo gli unici a fare scelte di dubbia validità (parlo a voi, generazione Z, che insistete a fare festicciole primaverili in ogni angolo possibile), ma se siete andati su Twitter di recente, avrete visto gli attacchi di cattiva stampa ai baby boomers: a frotte, stanno tutti twittando come i loro genitori baby boomers si rifiutino di adottare le precauzioni necessarie contro il Covid-19.

La frustrazione è così diffusa da aver generato una nuova sottospecie di giornalismo sociale: come parlarle ai boomers del rischio da Coronavirus.

Sono tempi difficili per essere un boomer e non solo per i tristi numeri delle statistiche sulla pandemia. Per molti di noi, me inclusa, è la resa dei conti.

Tutti, più o meno, nella fase della mezza età incontriamo quello che la psicologa Susan Whitbourne chiama “threshold experience”, una specie di epifania, un momento in cui ti rendi conto per la prima volta che non sei più cosi giovane… Whitbourne, professoressa emerita all’Università del Massachusetts Amherst, dice che la pandemia da Corona virus sta innescando questa consapevolezza in milioni di Baby Boomers.

“E’ una brutta epifania”, dice, “Una delle peggiori della storia moderna”.

Lo psicologo Jerrold Lee Shapiro, professore di consulenza psicologica alla Santa Clara University, concorda che questo è un momento piuttosto tumultuoso dal punto di vista psicologico per molti senior per la prima volta alle prese con la propria vulnerabilità, tanto da poter parlare di crisi esistenziale.

“Passare da una sensazione di invincibilità alla consapevolezza che si potrebbe essere uno di quei milioni di persone gravemente malate o addirittura morte di Coronavirus è davvero spiazzante”, dice Shapiro.

India Van Voorhees, 69 anni, si trova in quel passaggio. Nonostante il suo tumore cronico di stadio 1 ai polmoni, India è sempre stata ottimista sul suo stato di salute, anche dopo che aveva cominciato a diffondersi il virus. “La mia posizione era: se lo prendo starò male ma me la caverò.”

Ma quando ha saputo che ci sono meno di 100.000 letti di terapia intensiva nel paese, ha cominciato a provare paura. Immaginava un medico che debba decidere tra lei e un paziente più giovane: “Se non ci sono abbastanza letti e ventilatori per tutti, io sono spacciata”.

Questo momentum psicologico è qualcosa che l’editore David Harry Stewart vede dal vivo sempre più spesso. Cinque anni fa, Stewart ha lanciato Ageist, una società media e al tempo stesso una comunità di over 50. Ora i membri della sua comunità stanno ripensando cosa significhi avere questa età.

“Siamo in ottima forma, ancora di buon aspetto, per non dire di quanti di noi sono occupati  in startup e nuovi progetti di business,” dice Stewart, 61 anni, che avevo intervistato per il mio libro Life Reimagined (ri-immaginare la vita) su come prosperare nella mezza età. “L’illusione della gente della nostra età è di avere ancora 40 anni. Dobbiamo forse iniziare a pensare come ne avessimo 70?”

Stewart può sollevare un quintale e mezzo ma ha una malattia autoimmune che lo fa pensare con ansia a cosa potrebbe succedergli con il Coronavirus.

Da quanto il virus è entrato negli Stati Uniti, dice, ha adottato un regime stretto: lava le mani ogni 30 minuti, disinfetta le maniglie delle porte e lava con il sapone o con una soluzione al cloro qualsiasi cosa entri in casa sua.

Ma come già traspariva nei twit dei figli dei Baby Boomers, altri coetanei di Stewart sembrano per niente preoccupati. Qualche giorno fa, Stewart stava chattando online con una conoscente e le ha chiesto come si sentisse. “Mi ha risposto, sto andando a yoga, mi dedico molto ai mantra, medito. Non mi succederà niente.” Ho pensato, d’accordo, lo stato mentale aiuta. Ma sarebbe meglio che ti disinfettassi le mani…”

Secondo Stewart, le buone pratiche che hanno caratterizzato la sua generazione – dieta sana, esercizio fisico, meditazione, positive thinking – non hanno effetto su questo virus. Gli “stratagemmi della longevità”, come la dieta ketogenica o l’allenamento ad alta intensità o i digiuni periodici, sono armi da Lillipuzziani contro Gulliver. “Un’attitudine positiva può aiutare,” osserva Stewart, “Ma se vai fuori e ti becchi una bella dose di corona virus, non credo che queste buone pratiche finirebbero per avere alcun effetto”.

“L’età non è solo un numero,” dice la psichiatra Ronnie Stangler, professoressa di psichiatria e scienze comportamentali all’Università di Washington. “Posso anche sentirmi giovane,” dice, “ma alle cellule dei miei polmoni e alle cellule del mio sangue non importa come mi sento”. Non importa quanto bene mangi, quanti chilometri corri o quanti pesi puoi sollevare, i polmoni di un sessantenne non sono i polmoni di un trentenne.

Questo virus sta costringendo i Boomers a riprendere contatto con la realtà e a vedersi in modo diverso, ma allo stesso tempo rivela anche come ci vedono le generazioni più giovani. E la visione non è sempre piacevole. La facile polemica giovanile contro i cinquanta/settantenni diffusa attraverso il meme OK Boomer si è coalizzata, in alcuni angoli di internet ,con un sentimento cupo, orribile: l’idea che il Covid-19 uccida solo gli anziani. Una specie di killer seriale a tema.

Alessandra Lanti, 57 anni, si è sentita ferita dall’ondata di risentimento generazionale: “E’ incredibile come ci si dimentichi in fretta che gli anziani sono stati giovani. Che hanno contribuito a costruire questo paese, sono andati in guerra, hanno protestato per i diritti civili di cui godiamo oggi, hanno pagato le tasse e tirato su figli che oggi sono i nostri amici.”

Lanti, che è nata in Italia e i cui genitori vivono ancora lì, è probabilmente più sensibile di altri al necessario pragmatismo del triage ospedaliero: i dottori italiani sono costretti a scegliere quale pazienti salvare ogni giorno e ci sono storie di anziani lasciati morire sulle barelle, da soli.

Con l’aumentare delle vittime qui negli Stati Uniti, molti Baby Boomer si sentiranno stretti in una morsa psicologica: questa generazione per la quale tutto era possibile non riesce a fermare i nemici invisibili del Corona virus e dell’età.

Se devo essere onesta, io mi sento ancora abbastanza invincibile. Ma mio marito ha il diabete di tipo 1, quindi lavoriamo da casa, ci facciamo consegnare la spesa a domicilio e ci laviamo le mani a sangue. Il fine settimana scorso sono andata ancora a fare una passeggiata in bici – ma questa volta da sola.

Exit mobile version