Distrazione del marketing, miopia dei pubblicitari o ragioni di mercato?
Nel nostro Paese sembra che la comunicazione e i suoi committenti abbiano deciso che non vale la pena di investire sugli over 65. A dirla tutta nemmeno sugli over 50. Salvo per prodotti specificamente destinati agli anziani, come paste per dentiere, trattamenti per la prostata e assorbenti per perdite urinarie da risata travolgente. Ma è realmente così? L’abbiamo chiesto a Emanuela Notari, esperta di longevity economy, partner di A.L.I., Active Longevity Institute.
“I cosiddetti anziani, specie la parte più giovane della categoria, sono molto diversi dai loro coetanei di anche solo 50 anni fa. La prima parte della vecchiaia oggi gode di una forma fisica migliore, di una maggiore disponibilità a essere attivi e coinvolti. Diciamo che se potessimo sovvertire le categorie Istat dovremmo spostare in avanti l’età della vecchiaia, almeno dai 75 in poi. Per buona parte gli “anziani” di oggi hanno ancora desideri e ambizioni di chi non considereremmo anziano. I numeri ci dicono inoltre che questa parte della popolazione, che oggi pesa per il 23% della popolazione, per metà secolo avrà raggiunto il 33-34%.
L’unica categoria in crescita nel nostro Paese sono gli over 65, per gran parte esponenti della vastissima coorte dei baby-boomers, di nome e di fatto. Sono tanti e saranno sempre di più, finché questa generazione si sarà esaurita”.
Emanuela Notari
Sono tanti, sempre di più. E qualitativamente? Forse sta lì la ragione per la quale sfuggono ai radar del marketing e della pubblicità?
“Non direi. A fronte del peso quantitativo pari al 23% della popolazione, gli over 65 detengono il 40% della ricchezza. E dietro di loro ci sono le persone tra i 55 e i 65 anni. Insieme le due categorie fanno la maggior parte del potere di acquisto del nostro Paese. Stipendi da carriere ben avviate o pensioni calcolate ancora con il sistema retributivo, patrimoni che nei tempi passati, al contrario di adesso, si riusciva ad accumulare. Proprietà immobiliari: oltre l’80% possiede la casa dove vive. Debiti oramai totalmente ripagati. Per questo i consumi della parte più senior della nostra popolazione continuano a crescere, al contrario di quelli del resto della popolazione che, invece, ha sofferto durante le recenti recessioni. Quindi no, nemmeno dal punto di vista qualitativo si giustifica l’assenza dei senior dai radar del marketing e della comunicazione che, peggio, quando li rappresenta li ricompatta dentro il vecchio cliché dell’anziano fragile, con la dentiera che balla o un po’ suonato”.
Emanuela Notari
E’ così dappertutto o è una caratteristica del nostro Paese?
Un po’ dappertutto chi si occupa di silver economy lamenta la scarsa considerazione degli anziani perché un po’ dappertutto il cambiamento di attitudini e comportamenti over 65 è diventato realtà prima ancora di essere acquisito culturalmente. Ma negli USA e in UK, per esempio, gli esperti hanno segnalato già da tempo l’esistenza di un mercato dal forte potere di acquisto e dai tanti desideri che aspetta solo di essere scoperto e considerato. Da noi invece solo molto recentemente si è cominciato a parlarne, con tutto che siamo il secondo Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone e il più vecchio in Europa. Naturalmente ci sono buone eccezioni. Amplifon rappresenta il proprio target in modo più fedele, qualche marca di cosmetica anche, ma per il resto c’è ancora tutto da fare. Bisognerebbe prendere esempio da qualche best practice straniera. Prodotti o servizi o design pensati per questo gruppo di persone, possibilmente non nelle tristi tinte beige e maron tipiche dei prodotti per anziani. Campagne che rappresentino i senior come sono e come vorrebbero essere visti. Se i vostri lettori hanno tempo potrebbero cercare una campagna internazionale Amplifon “Sono vecchio o no?” oppure una campagna per i materassi Piccolit in Spagna.
“Gli esempi ci sono, anche se non abbondano”
Emanuela Notari
Di cosa pensa che avrebbero bisogno o desiderio gli over 65. C’è qualche categoria di prodotti o servizi che potrebbe essere da subito interessata a questa categoria?
Sicuramente la casa. E’ la voce di spesa più alta nei consumi over 65, il 40%. Perché è il posto dove passano più tempo e al contempo è un luogo che va continuamente adattato alla vita di inquilini già in là con gli anni che, prospetticamente, potrebbero viverci fino a 90 anni. Qui c’è un intero mercato da fare, in due direzioni: da una parte, l’adattamento delle case esistenti a tutela di chi vi risiede per quando sarà davvero anziano, con ristrutturazioni leggere ma pensate ad hoc per eliminare barriere architettoniche e rendere più confortevole una vecchiaia lunga.
Dall’altra parte, la categoria del senior living, che da noi non esiste ancora, salvo qualche sporadico primo esempio, ma in Francia, per esempio, ce ne sono centinaia. Si tratta di condomini pensati per abitanti senior attivi e autonomi, che desiderano maggiore sicurezza e comfort con tutta la privacy di un appartamento privato, seppure in un contesto di servizi aggiunti come reception 24 ore su 24, manutenzione e pulizie, parti comuni per la socializzazione e l’esercizio fisico. Un po’ come lo student housing che finalmente sta partendo, soprattutto a Milano ma non solo, il senior housing è una grande prospettiva per strutture immobiliari nuove o da ripensare.
E poi servizi finanziari e assicurativi, categoria che già annovera i senior nella propria clientela e che potrebbe trarre beneficio dal guardare ai loro bisogni ma anche desideri in modo innovativo.
E infine tutto quello che è consumo di qualità: località turistiche, enogastronomia, cultura, teatro, libri, moda, auto.